Il social purpose non ha giocato al SuperBowl 2023
Il social purpose non si è visto all'ultimo SuperBowl. Cosa si è visto, invece? Scopriamolo nel check-up creativo dell'appuntamento pubblicitario più caldo dell'anno.
Arrivo subito al punto: quest’anno non ci sono state grandissime idee con gli spot del Super Bowl. Né c’è stato social purpose, al contrario dell’ultimo CannesLions.
Ci sono stati invece tanto humor, tanta nostalgia, e tantissime celebrity.
Celebrity come John Hamm, Brie Larson e Pete Davidson in una comedy da frigorifero per la maionese Hellmann’s.
Oppure come Will Ferrell, ancora una volta (ma non allo stesso livello creativo dello spot del 2021) per GM e Netflix. Eppure, il claim finale (“Diamo agli EV il palcoscenico che meritano”) è divertente e chiude bene la narrazione.
C’è anche Ben Affleck (con prevedibile cameo finale di JLo), azzeccatissimo in questo spot Dunkin dal claim nazionalpopolare che di più non si può: però ben scritto e ben eseguito, sia il claim sia lo spot in stile celebrity in mezzo a noi.
E poi c’è Melissa McCarthy per Booking.com, con un musical meno humorous degli altri spot, ma molto entertainment.
In questo mare di celebrità c’è anche il tocco metafisico - anzi, patafisico di Adam Driver per Squarespace.
Oltre allo humor e all’intrattenimento, le celebrity si mescolano a un altro grande trend del Superbowl: la nostalgia. E così tornano i grandi classici del passato.
Iniziamo con Breaking Bad per PopCorners, con un revival di Walter White (Bryan Cranston), Jesse Pinkman (Aaron Paul), Tuco Salamanca (Raymond Cruz), e del furgone-laboratorio.
Proseguiamo con Ozzy Osbourne, Billy Idol, Paul Stanley, Joan Jett e Gary Clark Jr. per Workday; con un’idea surreale, ironica, perfettamente centrata su un claim interessante: Be a Rockstar.
In tema di revival non poteva mancare Grease, con John Travolta che ci canta i vantaggi di una connessione T-Mobile, assieme ai due protagonisti di Scrubs, Zach Braff e Donald Faison.
Uno dei più interessanti, IMHO, quest’anno è Pepsi con Ben Stiller e Steve Martin, che interpretano loro stessi bucando il quarto muro (il fourth wall della narrazione), e sfidandoci a provare il gusto della Pepsi, per capire se sono sinceri nel dichiararlo, oppure se stavano soltanto recitando come in uno dei loro film.
Personalmente, ho invece trovato stucchevole la montagna di celebrity di Paramount+, in una comedy forzatamente iperbolica, che si chiude con il claim forzatamente didascalico “una montagna di intrattenimento”.
Esito del Check-Up
Al Super Bowl 2023 c’erano i soliti ingredienti degli Spot del Superbowl, tranne uno.
C’erano le celebrity, lo humor e la nostalgia. Ma non c’era il social purpose.
Quest’anno, per lo meno al Super Bowl, le brand hanno smesso di voler salvare il pianeta. E hanno anche smesso di farsi notare con idee eversive e provocanti (nel senso di thought provoking): niente al livello di Every ad is a Tide Ad o del QR Code di Coinbase, per intenderci.
Quest’anno le brand hanno deciso di intrattenerci - come a dire che quando i tempi si fanno seri, gli spot si prendono meno sul serio. Non il social purpose, e nemmeno le big idea: è stato l’intrattenimento a giocare più di tutti di questo Super Bowl 2023.
Questo è tutto, fino al prossimo check-up!
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Mi chiamano Dottor Copy
Mi chiamo Paolo Guglielmoni, ma sul lavoro mi chiamano Dottor Copy. Perché sono un fanatico del copywriting (sono anche un nerd senza ritorno, ma questa è un’altra storia).
Al potere delle parole ho dedicato la maggior parte della mia vita adulta: a partire dall’università, con una tesi sul ruolo della scrittura nel pensiero filosofico, poi con la mia attività saggistica e di traduzione presso Rusconi e Bompiani, fino alla mia nascita come copywriter nell’agenzia Leo Burnett (dopo aver ricevuto un’imbeccata da David Abbott in persona in una libreria di Londra).
Credo che la comunicazione sia qualcosa di vivo, come un organismo: e quindi possa ammalarsi, perdendo salute ed efficacia. Per questo motivo, ho creato la prima metodologia creativa, validata sperimentalmente tramite neuro-marketing, dedicata proprio a potenziare salute ed efficacia della comunicazione, delle persone e delle brand. Si chiama Copywriting d’Azione, e le ho dedicato un libro e un corso universitario (in IULM, a Milano).
Nel 2017 ho creato la prima agenzia creativa open source in Italia, RADS.
Open source significa che la mia metodologia è aperta al contributo dei creativi che vogliono adottarla, ed espanderla. Obiettivo: massimizzare l’efficacia delle creatività massimizzando l’efficienza dei processi creativi.
Dal 2021 sono consulente come Global Creative Director in Healthware International, dove mi occupo di salute, con una metodologia per mettere in salute la comunicazione.