Il Grand Prix 2023 del Dottor Copy va senza esitazioni (mie) a #barbenheimer. Perché è stata un'operazione efficacissima di marketing strategico azzeccatissimo, il #counterprogramming: ovvero, quando si pianifica l'uscita di un film (in questo caso Oppenheimer) a ridosso di un altro film (Barbie).
Philip K. Dick (creatore di Perky Pat, una simil-Barbie inserita in un cosmo letterario distopico) sarebbe deliziato dal paradosso narrativo che unisce i due estremi del più rosa dei mondi di fantasia (quello di Barbie) e il più distopico dei momenti storici (l'incubo atomico).
Il paradosso è una figura retorica molto efficace in comunicazione. Che l'enorme successo sia stato l'effetto non pianificato di una scelta di marketing pianificata, poi, è ancora più importante da un punto di vista pubblicitario. Perché ci ricorda che l'efficacia creativa può essere innescata, ma non garantita. La pubblicità è un mestiere, non un'equazione. Chi vuole fare "un'operazione di marketing che spacchi" scambia l'effetto con la causa. Bisogna fare un'operazione di marketing giusta, intelligente. Allora sì che ha possibilità di spaccare. Se si fa marketing per bene, è probabile che andrà anche bene.
Con Barbenheimer è andata così: la contro-programmazione (a cui entrambi gli Studios erano già avvezzi, ad esempio quando hanno tentato un altro paradosso facendo uscire assieme The Dark Knight - sempre di Nolan, BTW - e Mamma Mia, creando, anche in questo caso, un paradosso promozionale tra il più cupo Batman e il più gioioso dei musical) è stata una mossa intelligente, assolutamente strategica; che infatti ha innescato un effetto virale potentissimo, con un torrente di contenuti #MashUp #UserGenerated, tra cui il trailer di un ipotetico film #Crossover (che si vocifera verrà realmente prodotto... chissà).
Di sicuro, la strategia della contro-programmazione è stata l'idea pubblicitaria più efficace del 2023, con risultati di ingaggio spontaneo e di botteghino. Lato ingaggio spontaneo, infatti, Barbenheimer è diventato il fenomeno di cultura pop più rilevante dell'anno. Lato botteghino, è diventato un successo di incassi che, come molte testate giornalistiche hanno dichiarato, ha risollevato l'industria cinematografica americana. Una bomba atomica di efficacia pubblicitaria, dentro e fuori metafora.
Oltre a questo? Che altro ci conviene ricordarci del 2023?
Ecco una mia proposta di altre 4 creatività di cui dovremmo ricordarci, come ispirazione per fare ancora così, e magari anche meglio.
1. Ricordiamoci le migliori narrazioni di prodotto non hanno il prodotto come protagonista
R.I.P. Leon è lo spot di TBWA\Media Arts Lab di Los Angeles, per raccontare la funzione Unsend Messages dell'iPhone 14, che ha vinto il Grand Prix Film a Cannes. In questa magnifica narrazione di prodotto, di prodotto ce n'è poco, di Black humor ce n'è tanto.
2. Ricordiamoci che il branding si fa semplicemente con la verità, detta bene
Il vecchio mantra di McCann Erickson, Truth well told, trova conferma in questa magnifica campagna dell'agenzia Rethink, per consolidare la reputazione della brand Heinz che mostra il momento furtivo in cui - pare avvenga realmente così - un ketchup più economico viene usato per riempire una bottiglia di Heinz. Non è un doppio carpiato creativo: è la verità, raccontata bene.
3. Ricordiamoci che l'IA ci mette la potenza, ma l'idea ce la mettiamo noi
In mezzo a un profluvio di immagini e di testi generati con la IA, destinati all'oblio dell'omologazione, nel 2023 c'è stato un utilizzo della IA realmente creativo. Shah Rukh Khan-My-Ad ha vinto il Grand Prix a Cannes nella categoria di Creative Effectiveness, grazie a un uso assai creativo del Machine Learning per promuovere più di 130.000 piccoli esercizi commerciali. Perché l'Intelligenza Artificiale non è stato il contenuto dell'idea, ma lo strumento con cui un'idea brillante è stata realizzata su una scala altrimenti impossibile.
4. Ricordiamoci che anche in Italia possiamo ambire alla grandezza creativa
Le pubblicità di auto si stanno sempre di più omologando, con il risultato che le brand si confondono tra di loro. Per questo motivo, No Grey, lo stunt creativo di Leo Burnett Italia, si fa notare per l'audacia e per l'innovazione dell'approccio creativo. Grand Prix all'ADCE (Art Directors Club of Europe).
Mi chiamano Dottor Copy
Mi chiamo Paolo Guglielmoni, ma sul lavoro mi chiamano Dottor Copy.
Principalmente perché sono un fanatico del copywriting (sono anche un nerd senza ritorno, ma questa è un’altra storia).
Al potere del linguaggio e delle parole ho dedicato la maggior parte della mia vita senziente: a partire dall’università, in cui mi sono laureato sul ruolo della scrittura nel pensiero filosofico, poi con la mia attività saggistica e di traduzione presso Rusconi e Bompiani, fino alla mia nascita come copywriter, e poi direttore creativo, nell’agenzia Leo Burnett (dopo aver ricevuto un’imbeccata da David Abbott in persona in una libreria di Londra).
È un cliente che mi ha chiamato Dottor Copy per la prima volta, commentando il successo di un nostro progetto. Mi è piaciuto, sia il progetto sia il soprannome.